Al giorno d’oggi gli ospedali sono realtà gestionali articolate e complesse nelle quali aree specialistiche sono estremamente diverse tra loro, non solo per le tecnologie disponibili, ma anche per gli obiettivi, le decisioni e le azioni concretate intraprese. Pur essendo difficilmente misurabile, si può affermare che una qualche correlazione tra il livello manageriale di un sistema sanitario, il livello tecnico scientifico ed il grado di efficienza del suo apparato organizzativo e produttivo esiste. La necessità di attuare politiche di risanamento finanziario dello stato, mantenendo nel contempo integri i fondamenti etici del cosiddetto stato sociale, sono alla base dell’origine di alcune “scuole” che, soprattutto nei paesi anglosassoni, hanno dato vita ad un nuovo settore della ricerca medica, l’Economia Sanitaria. Scopo di questa branca dell’economia è quello di creare un quadro di riferimento metodologico per attuare una programmazione sanitaria che ponga come obiettivo prioritario l’equità e l’efficienza dei servizi sanitari. Essa legittima perciò anche una politica di contenimento dei costi sanitari (qualora necessaria) in quanto vi può essere efficienza senza equità, ma non c’è equità senza efficienza. L’economia sanitaria nasce quindi come metodo, o meglio, come analisi strategica delle politiche sanitarie possibili in uno scenario politico caratterizzato dalla necessità di contenere la spesa pubblica. La determinazione delle priorità è quindi l’obbiettivo principale dell’economia sanitaria e la condizione preliminare che consente di attuare delle scelte strategiche. Questa funzione di supporto decisionale non deve essere intesa come una forma di autolegittimazione delle scelte politiche. Al contrario, l’economia sanitaria sposta l’interesse ed il dibattito in sanità dagli aspetti operativi e tecnici, prettamente medici a quelli allocativi e gestionali, di natura politica. I principi economici applicati alla sanità hanno il fine di ottimizzare l’uso delle risorse per mezzo di tecniche strutturate e scientificamente validate, che consentono di attuare delle scelte di politica sanitaria per mezzo di criteri espliciti e verificabili. Da questa definizione si possono enucleare alcuni concetti fondamentali.
Le risorse sono quantitativamente limitate: la disponibilità di strutture, attrezzature, personale, nonchè bagaglio di esperienza, conoscenza e tutto ciò che costituisce un ospedale o un servizio sanitario. Ebbene non ci sono, e probavbilmente non ci saranno mai, sufficienti risorse che possano soddisfare tutti i progetti sanitari meritevoli di essere finanziati. In altre parole ci saranno sempre dei bisogni sanitari che resteranno insoddisfatti. È necessario attuare delle scelte: è possibile attuare una scelta qualora esista almeno un’alòternativa possibile, ed è altrettanto ragionevole asserire che la scelta sarà tanto più agevole quanto più diverse tra loro sono le alternative in gioco. Scegliere significa sempre rinunciare a qualcos’altro: secondo gli economisti i veri costi necessari al raggiungimento di un obiettivo sanitario sono rappresentati dai benefici perduti. Essi sono, cioè, i benefici che si sarebbero potuti alternativamente ottenere nel caso le risorse fossero impegate in modo alternativo, vale a dire quelli cui si deve rinunciare. Questi costi sono definiti costi opportuni. Chi decide è il “decision maker”: compito principale dell’Economia Sanitaria è quello di mettere in condizione il “decision maker” (o chiunque abbia la prerogativa giuridica o la responsabilità politica) di compiere delle scelte sulla base die costi e delle conseguenze di ciascuna alternativa. I punti di vista sono diversi: la prospettiva di chi giudica le conseguenze di un trattamento può essere diversa, a seconda che il punto di vista di chi giudica sia quello di chi paga, di chi pratica o di chi subisce un intervento chirurgico. Tradizionalmente il punto di vista che veniva considerato in passato era quello del chirurgo; in effetti, il risultato ritenuto più importante era quello di efficacia ed il giudizio più idoneo era quindi quello dell’’sperto per antonomasia. Per l’analisi economica la prospettiva più rilevante è quella della società nel suo complesso. La scelta deve essere attuata sulla base del concetto d’efficienza mantenendo come obiettivo prioritario il raggiungimento dell’equità: l’efficienza è stata definita come il consumo di risorse che produce il massimo beneficio; essa corrisponde al minimo costo con il quale raggiungere un obiettivo. Il concetto di equità ......
L’economia è la scienza, anzi l’arte delle scelte che producono il massimo dell’eficenza; essa quida è imprescindibilmente alla contemporanea conscenza dei costi e dei benefici. Il concetto di efficienza è inoltre legato legato a quello del budget. Il raggiungimento del massimo livello di efficienza non spiega comunque, e non dice nulla, sulla necessità, la desiderabilità o l’eticità di perseguire un determinato obiettivo. Dalla scelta dell’obiettivo dipenderà quindi l’azione che persegue il suo raggiungimento. Qualunque obiettivo sanitario sia stato scelto, la valutazione degli aspetti etici ad esso associati sarà comunque indipendente dal costo e quindi dal concetto di efficienza. Uno dei principali limiti dell’Economia Sanitaria è rappresentato dal fatto che nel mercato sanitario non esiste un sistema di prezzo di riferimento. Il valore della vita umana è classificabile tra i valori etici e quindi difficilmente monetizzabile. Anche in questo caso ha una rilevante importanza. Possiamo schematicamente affermare che la prospettiva etica del chirurgo e dell’economista differiscono tra loro unicamente nella scala numerica degli individui considerati. La prospettiva etica dell’economista è quella “collettiva” e si focalizza sull’efficienza. Le risorse impegate in trattamenti poco o scarsamente efficaci possono essere più utilmente impiegate per programmi sanitari o trattamenti dell’efficacia certa o che producano un maggiore livello di salute nella popolazione. La prospettiva etica del chirurgo si concentra invece su aspetti specifici e sull’efficacia dei trattamenti (benefici anche minimi che derivano da una terapia, anche se molto costosa, sono rilevanti). In altre parole, il chirurgo vede in faccia il paziente al quale l’economista nega un trattamento.Il fattore che più degli altri ha creato notevoli pressioni verso il cambiamento di comportamenti sia degli amministratori sia dei medici, creando anche conflitti ed insicurezze, è stato quello dell’introduzione di un sistema di finanziamento che valorizza le prestazioni (i servizi) rispetto ai fattori della produzione. Questo ha imposto alle aziende un orientamento al conseguimento di un risultato finalmente esplicitato e di conseguenza una nuova tensione tra amministratori e medici per la produttività e l’efficienza nell’erogazione delle prestazioni.
Con l’introduzione dei principi dell’economia sanitaria nell’organizzazione del sistema sanitario, ovviamente si è assistito ad una reazione da parte della classe medica caratterizzata da una forte polemica. Soprattutto quando le scelte strategiche apparivano come una forma di autolegittimazione delle scelte politiche fino a limitare quasi l’autonomia del chirurgo. La risposta è stato lo sviluppo di una corrente di pensiero alternativa, la cosiddetta Evidence Based Medicine. Da allora è seguito un dibattito ed uno scontro culturale che continua in realtà ancora oggi.
La storia tra le scuole di economia sanitaria ed i sostenitori dell’evidence based medicine, è in buona sostanza la storia della diversa prospettiva etica esistente tra economisti e medici.
L’evidence based medicine si fonda sull’affermazione e sul predominio dei principi etici su quelli economici nella pratica medica. Almeno inizialmente essa è stata proposta come un metodo di pratica clinica, ma da più parti è stato suggerito che essa possa essere impiegata anche per problemi di politica sanitaria. In sostanza le decisioni del chirurgo devono derivare dall’integrazione tra la sua esperienza e l’utilizzo delle migliori evidenze scientifiche. Tale integrazione deve riguardare l’accuratezza dei test diagnostici, la potenza dei fattori prognostici, l’efficacia e la sicurezza dei trattamenti. I fautori della “evidence based medicine” sostengono che la maggior parte dei trattamenti chirurgici possa essere migliorata sia nella scientificità sia nell’aspetto economico per mezzo dell’elaborazione periodica e continua di linee guida. Sackett afferma che il chirurgo che accetti il principio dell’evidence based medicine deve identificare ed applicare il più efficace intervento che consenta di aumentare la qualità e la quantità della vita. Le basi di questa teoria possono essere ricondotte a due principi chiave:
- le decisioni del chirurgo devono essere attuate sulla base della migliore evidenza, ciò idealmente deve essere fatto utilizzando delle review aggiornate di trials clinici; tali revisioni si concretizzano in linee guida che comprendono anche l’adozione di misure idonee al contenimento dei costi;
- ogni intervento deve fondarsi su una valutazione preliminare della prognosi; il rapporto rischio/beneficio deve essere discusso con il paziente.
Nel caso dell’evidence based medicine la prospettiva etica utilizzata è quella individuale. Di fronte al singolo malato il chirurgo deve agire con tutti i mezzi che abbiano comprovata efficacia anche se limitata, indipendentemente dal costo. Il chirurgo utilizza le risorse sulla base del semplice criterio di efficacia; egli ha il malato di fronte a sé e vuole sapere unicamente come dare una risposta soddisfacente al bisogno del singolo. L’economista d’altro canto ha una prospettiva etica collettiva: egli pianifica l’utilizzo delle risorse sulla base dell’interesse della società nel suo complesso, e di un criterio di efficienza.
Le linee giuda rappresentano un chiaro strumento di contrapposizione agli strumenti ideati e utilizzati dagli economisti. Esse sono una sorta di iter diagnostico e terapeutico poichè sono definite le variabili che individuano le situazioni indice e le azioni corrispondenti. Le linee guida sono tutto sommato un buon compromesso tra arte e scienza medica: salvaguardano l’autonomia del chirurgo pur fornendogli indicazioni per ampliare le proprie conoscenze e per migliorare la cura dei suoi pazienti tramite l’accettazione consapevole dei suggerimenti frutto della ricerca scientifica.
Molte però sono le critiche poste all’evidence based medicine, le principali riguardano le modalità ed il tipo di analisi della letteratura svolta per allestire le linee guida. Inoltre è stata criticata l’assunzione stessa dell’evidenza sperimentale quale gold standard dell’evidenza clinica. A tutt’oggi si può affermare che l’evidence based medicine sia stata sconfitta politicamente prima ancora che culturalmente (scarsa compliance dei medici alle linee guida). Le ragioni di questa sconfitta sono ragioni di forza maggiore e sono da ricondurre principalmente alla continua crescita della spesa sanitaria. L’evidence based medicine è quindi considerata più un metodo per la pratica clinica che una filosofia alla quale ispirare l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi sanitari. D’altro canto anche l’Economia Sanitaria presenta dei limiti, tra i principali il fatto che nel mercato sanitario non esiste un sistema di prezzo di riferimento; il valore della vita umana è classificabile tra i valori etici e quindi è difficilmente monetizzabile.
Minerva Med. 2007 Apr;98(2):159-61.
Healthcare economics and evidence based medicine: all that glitters is not gold.
Vannelli A, Poiasina E, Battaglia L, Belli F, Bonfanti G, Gallino G, Vitellaro M, De Dosso S, Leo E.