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Il 12 marzo scorso si è tenuto l’annuale incontro di Network Dasp che ha visto la partecipazione di circa 20 aziende sanitarie pubbliche. Il tema di quest’anno verteva sull’origine delle crisi aziendali e i progetti di risanamento.
Ma da dove nasce questo improvviso interesse finanziario in ambito sanitario? Se è vero che alcune parole sono diventate ormai di comune interesse e il loro significato involontariamente familiare, sembra difficile pensare che lo stesso possa valere per il settore sanità dove fino a pochi anni orsono qualsiasi problema in materia finanziaria veniva comunque e sempre "sistemato" dallo Stato. Eppure con l'inizio degli anni novanta e la trasformazione degli ospedali in aziende si è assistito ad un lenta, ma inesorabile trasformazione che ha portato oggi situazioni inimmaginabili fino a poco tempo fa. In particolare, negli ultimi due anni sono emerse improvvisi e gravissimi dissesti finanziari in alcune aziende e gruppi sanitari, anche di rilevanti dimensioni e prestigio, sia nel settore pubblico, sia in quello privato distribuiti a macchia di leopardo sul territorio.

Si tratta non solo dell’ormai noto caso dell’ospedale San Raffaele, ma anche di default di importanti aziende sanitarie pubbliche come l’Asl di Forlì, di Venezia e di Massa Carrara, il Policlinico Gemelli a Roma e, nell’esperienza dei privati, delle difficoltà incontrate dal gruppo dei Camilliani e dall’ordine dei Fatebenefratelli.
Queste improvvise e profonde crisi di aziende sanitarie che secondo il gruppo SDA della Bocconi presentano delle caratteristiche dissimili rispetto al passato del Ssn, sono in realtà legate alla diversa natura che ne costitutisce oggi la ragione sociale di azienda. Quello che colpisce contrariamente a quanto detto, è che questi fenomeni sono ormai presenti in maniera ubiquitaria e appartengono sia al modello pubblico che privato. In altre parole sembra che tutto il modello di concepire la sanità degli ultimi anni stia crollando. In realtà il fenomeno è tutt'altro che intuitivo: un sistema che produce un bene come la salute non dovrebbe presentare ragioni di crisi, anche in momenti come questi: allore dove risiede il problema?
Evidentemente non nella produzione, quanto nella componente amministrativa: una finanza retta sul debito inevitabilmente finisce per minare ogni sistema perfino quelli più sani.

In realtà sia per le aziende pubbliche che private esistono sistemi di controllo ben consolidati. Le aziende pubbliche, oltre ad approvare i bilanci e i conti consuntivi - annuali e pluriennali - sono dotate del nucleo di valutazione, del collegio dei revisori, sottoposte al controllo della conferenza dei sindaci e, ancora, inviano tutti i propri atti contabili sia al controllo regionale, sia alimentano il sistema informativo nazionale. Le aziende private, oltre ai meccanismi di controllo della proprietà, dispongono degli organi di vigilanza della legge 231 e sono sottoposti a uno strettissimo controllo regionale per verificare l’appropriatezza dell’uso delle risorse pubbliche. in alcuni casi, a fronte di questi strumenti alcuni dei protagonisti che sapevano, hanno avuto convenienze a sostenere la situazione, in altri casi il sistema sanitario regionale, proprio per stare in equilibrio finanziario apparente, ha scaricato tutto il deficit sommerso su alcune aziende, per non mettere a bilancio di sistema. Secondo l'analisi del gruppo: "...da un lato emerge la necessità di finanziare e strutturare il debito, sia quello accumulato nel passato, sia quello prospettico futuro, perché difficilmente si ricostruisce l’equilibrio di bilancio in un solo esercizio, così come probabilmente risultano necessari piani di investimento, proprio per razionalizzare la capacità produttiva (a esempio concentrare ospedali e poliambulatori, sviluppare strutture intermedie al posto dei ricoveri acuti ecc.)". Gli analisti continuano: "...un’azienda in crisi, che vede inevitabilmente azzerato anche il capitale di credibilità istituzionale nei confronti del sistema bancario e dei fornitori, trova particolari difficoltà a finanziarsi. A questo si aggiunge la necessità di dover razionalizzare il portafoglio dei servizi per ridurre i fattori produttivi necessari, essendo anche collocati in comunità che probabilmente fino a pochi mesi prima non erano abituate a mettere in agenda tagli nel welfare sanitario o riduzione di occupazione, data la generosità con cui agiva la propria azienda sanitaria. La razionalizzazione dei servizi è un esercizio sempre difficile da portare avanti nei sistemi di welfare e lo è ancora di più in un contesto che ha distrutto capitale istituzionale e forse anche sociale. Il turn around istituzionale e manageriale diventa quindi necessario e imprescindibile e questo è forse uno dei driver che spiega il momento di messa in agenda delle crisi out of the blu".

Ancora una volta si riaffaccia alla memoria la rappresentazione simbolica del denaro nell'iconografia medievale: una borsa che, appesa al collo di un ricco, lo trascina all'Inferno. Lo splendido ritratto di Jacques Le Goff che racconta la storia in cui la Carità contava più del Mercato.

Solo riportando l'economia alla giusta dimensione di un profitto etico si potrà superare la crisi e mettere in salvo un sistema sanitario che sembra ogni giorno di più scricchiolare pericolosamente.

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