L'Italia agli inizi del 2000, risultava tra i paesi Ocse quello con il maggior numero di medici per abitante dopo Grecia e Spagna. Fino al 1992, l'anno dell'uscita della lira dallo SME, non vi è stata da parte dello Stato alcuna manovra tesa a controllare la crescita della spesa sanitaria. Successivamente e in maniera progressiva la spesa sanitaria in particolare per il settore pubblico ha subito un costante decremento (unico esempio nei paesi OCSE), grazie alle misure straordinare di blocco delle assunzioni, dei contratti, delle convenzioni. Da anni il progressivo invecchiamento della popolazione medica rappresenta però un problema di grande rilievo nella sanità. A questo interesse la letteratura scientifica ha risposto con lavori che hanno affrontato singolarmente i diversi aspetti collegati a questo fenomeno: da quello strettamente demografico, a quello epidemiologico, economico e di programmazione dell'assistenza sanitaria.
I medici iscritti all’Albo professionale nel 2007 con non più di 35 anni sono poco meno del 12%. La crisi finanziaria anxora in atto ha avuto un evidente effetto sui sistemi di protezione sociale e in particolare di assicurazione malattia e previdenza; il grosso dibattito scaturito in parlamento sulla necessita di aumentare l'età pensionabile anche nel settore medico deriva dalla necessità di ridurre il costo della contribuzione. Tali riforme possono sono però un forte acceleratore dell’invecchiamento della forza lavoro. L'importanza di questo dato appare ancora più evidente se consideriamo che l’intera filiera della salute, occupa come quasi 1,4 milioni di lavoratori, pari a più del 6% della forza lavoro occupata (la stima del numero complessivo di addetti sale a 2,5 milioni se si valuta anche l’indotto)di questi oltre 360.000 sono medici. L’azienda “sanità” rappresenta la terza impresa del Paese con una incidenza sul Pil dell’11%.
Dal 2002 al 2007, però il numero dei medici in Italia si è quasi dimezzato: da 616 si è passati a 363 per abitanti. Si tratta di una riduzione volta a contenere la spesa sanitaria nazionale, che riporta il numero complessivo dei dottori italiani in linea con quello degli altri Paesi europei.
La riduzione del numero e l'invecchiamento della forza lavoro hanno importanti conseguenze: difficoltà nella gestione dei lavoratori e riduzione dello sviluppo scientifico, difficoltà nel mantenere competenze adeguate sul mercato del lavoro, aumento di fenomeni usuranti possibile causa di burn out.
Se risulta chiara la tendenza nei prossimi anni da parte dello Stato a mantenere lo status quo come risposta allo stato di crisi presente risulto a maggior ragione evidente la necessità di politiche gestionali capaci, di anticipare questo fenomeno e di governarlo adeguatamente.