L’andamento dei tumori in Italia, negli ultimi anni, ha mostrato un aumento dell’incidenza soprattutto tra gli uomini (in particolare a causa dell’aumento dei tumori alla prostata), con un contestuale aumento della sopravvivenza, tanto che l’ultimo report dell’AIRTUM si dimostra che nel periodo 1990-2007 la probabilità di sopravvivere a 5 anni è aumentata rispettivamente del 14% negli uomini e del 9% nelle donne. Campagne di screening più sensibili, nuove terapie, maggior attenzione alla qualità di vista del paziente, invecchiamento della popolazione, tutti elementi che hanno cambiato radicalmente la storia di questa malattia. Eppure in Italia cosa dobbiamo aspettarci per il futuro? Alcuni tumori sono destinati a ridursi, ma altri forse a crescere: tra questi con ogni probabilità quello del pancreas.
Leggendo il: “I tumori in Italia – rapporto 2009” si evidenziava che fino al 2005, l’incidenza dei tumori del pancreas era aumentata sia negli uomini che nelle donne, quest’ultime in modo leggermente più rapido. Questa tendenza si era progressivamente ridotta nell’ultimo periodo, e anche nelle donne l’incidenza si era ormai livellata. Per quanto riguardava i tassi di mortalità, in leggero aumento negli anni precedenti, era poi pressoché stabili: questo dato in parte era spiegato dall’introduzione di nuovi regimi terapeutici e dall’aumento di tumori con istotipo più favorevoli. Nel 2003-2005, il cancro del pancreas era risultato il decimo tumore maligno per frequenza nella popolazione maschile (2,6% dell’incidenza totale) e l’ottavo nella popolazione femminile (3,5%). Si collocava al sesto posto per frequenza tra le cause di morte neoplastica negli uomini (5,0% di tutti i decessi per cancro) e al quarto nelle donne (7,0%). Nell’area esaminata dai registri tumori AIRTUM, tra il 2003 ed il 2005, furono registrati in media 18,1 casi per 100.000 uomini e 18,3 per 100.000 donne all’anno. La mortalità nel 2006, in Italia, fu di 4.756 nella popolazione maschile e 4.818 nella popolazione femminile. Nel periodo 1998-2005, l’aumento dell’incidenza del tumore del pancreas tra gli uomini era dovuto probabilmente all’invecchiamento per circa l’80%; invece tra le donne, la quota attribuibile all’invecchiamento era solo presente nei due terzi, per cui le cause erano da ricercare altrove.
Come per altri tipi di tumori, tanto l’incidenza quanto la mortalità erano più alte nell’Italia settentrionale, con una situazione epidemiologica uniforme nel resto del Paese. Secondo il recente libro pubblicato da AIOM in collaborazione con AIRTUM: “I numeri del cancro in Italia – 2011”, la differenza tra uomini e donne per questo tumore che è sempre apparsa modesta negli ultimi anni ha assunto una connotazione diversa. Nel 2011 erano infatti attesi quasi 11.000 nuovi casi, circa il 3% di tutti i tumori incidenti tra maschi e femmine (circa mille casi in più rispetto al periodo precedente). Solo nelle donne il carcinoma pancreatico è compreso tra i cinque tumori più frequenti (salendo così al V posto, 5% dei casi). L’andamento temporale dell’incidenza di questa neoplasia, è in crescita sia nei maschi che nelle femmine (rispettivamente +1% e +1,3%/anno). Evidente la differenza Nord-Sud. Nei prossimi decenni è atteso un ulteriore aumento dei nuovi casi di malattia, passando dai 10.788 del 2011 ai 12.180 del 2020 fino ai 13.928 del 2030. Il carcinoma pancreatico, con l’attuale 7% dei decessi, entra tra le prime 5 cause di morte per tumore soltanto nel sesso femminile, ma nelle età centrali della vita occupa il quinto posto tra i maschi (7%) e i quarto (7%) tra le femmine (in queste ultime anche nelle età più avanzate). L’andamento nel tempo fa osservare una lieve, ma costante tendenza all’incremento (+0,4%/anno negli uomini, +0,6% nelle donne). Le Regioni del Nord mostrano livelli superiori di mortalità (13,8 casi ogni 100.000 abitanti/anno negli uomini, 9,9 nelle donne) nei confronti del Centro Italia (rispettivamente –20% e –24%) e del Meridione (–20% e –28%)
Come già ricordato il tumore del pancreas è una delle neoplasie a prognosi peggiore per due motivi: la rapidità di crescita del tumore permette raramente una diagnosi precoce e la scarsa risposta ai farmaci attualmente disponibili. Anche per questa sede la rapidità dell’evoluzione della malattia colloca la grande maggioranza degli esiti negativi entro i primi mesi dalla diagnosi. Conseguentemente la speranza di vita nei sopravvissuti si allunga sensibilmente man mano che la data di diagnosi si allontana nel tempo: la probabilità di sopravvivere ulteriori 5 anni passa infatti al 22% per i pazienti vivi a un anno dalla diagnosi e al 65% e 80% rispettivamente a 3 e 5 anni dalla diagnosi. Non si osservano differenze tra le diverse aree geografiche nazionali. In Italia il 58 % dei pazienti si trova infatti entro i due anni dalla diagnosi e solo il 23% oltre i 5 anni. Oltre i 75 anni di età sono complessivamente 65/100.000 abitanti le persone affette da questa patologia (46 entro i 60-74 e 17 tra i 45 e i 59 anni). Presente anche qui un gradiente Nord-Sud: 21 e 20 ogni 100.000 le persone rispettivamente al Nor-Ovest e al Nord-Est, 16 al Centro e 12 al Sud.
Ma da cosa è dovuto il tumore del pancreas?
Secondo i dati recenti il fumo di sigaretta, anche quando passivo, è il fattore di rischio in assoluto più associato alla probabilità di sviluppare un tumore del pancreas: i fumatori presentano un rischio di incidenza da doppio a triplo rispetto ai non fumatori, è stata dimostrata una relazione dose-risposta ed è stata ben documentata la diminuzione del rischio in rapporto alla cessazione del fumo. La proporzione di carcinoma pancreatico attribuibile al fumo e dell’ordine del 20-30% nei maschi e del 10% nelle femmine. Altri fattori di rischio sono chiamati in causa per la frazione dei tumori non spiegabili dalla diffusione del fumo e di altre modalità di assunzione del tabacco: fra questi i fattori dietetici. L’obesità, la ridotta attività fisica, l’alto consumo di grassi saturi e la scarsa assunzione di verdure e frutta fresca sono correlati ad un più alto rischio di contrarre la malattia. E’ presente, anche se meno marcata, l’associazione con il consumo di alcol, mentre il rischio da consumo di caffè, proposto da alcuni studi del passato, non è stato in seguito confermato. Tra le malattie, la pancreatite cronica è considerata una condizione di rischio per questi tumori (fino a 10 volte e più rispetto alla popolazione generale), così come il diabete mellito (1,5-2 volte) e un precedente intervento di asportazione di stomaco (3-5 volte).
Fino al 10% dei pazienti con tumori pancreatici evidenziano una storia familiare, che in alcuni casi è possibile spiegare nel contesto di sindromi note: la sindrome di Peutz Jeghers (rischio di oltre 100 volte), la “sindrome familiare con nevi atipici multipli e melanoma” (20-30 volte), la mutazione germline del gene BRCA-2 (3-10 volte), la pancreatite ereditaria (10 volte) e la sindrome di Lynch. Anche la presenza di varianti dei loci genomici dei gruppi sanguigni AB0 (in particolare nei gruppi non 0) hanno mostrato una maggiore tendenza a sviluppare tumori pancreatici. Se per altri tumori è molto enfatizzato in ruolo dello screening per la prevenzione e la diagnosi precoce di queste malattie, nel caso del tumore del pancreas, ad oggi, non esistono metodi per una vera diagnosi precoce. La malattia è di solito per lungo tempo asintomatica; solamente il 7% dei casi sono diagnosticati in stadio iniziale. Il tumore del pancreas purtroppo non ha sintomi specifici che possano suggerirne la diagnosi in una fase precoce della malattia. Spesso la presenza di perdita di appetito e il dimagrimento possono essere gli unici campanelli di allarme della malattia. In altri casi il paziente lamenta dolore addominale ai quadranti superiori che spesso si irradia alla schiena che aumenta gradualmente con la progressione della malattia. Se il tumore è localizzato nella testa del pancreas può ostruire il dotto biliare creando ittero che si può associare a feci prive di colore, urine scure e prurito.
L’assenza di dolore e febbre fanno di questo tipo di ittero un segnale preciso e preoccupante. L’insorgenza di diabete mellito senza una chiara predisposizione familiare è spesso un segno di patologia pancreatica tumorale. Meno del 20% dei pazienti sono candidabili per una chirurgia con intento “curativo”, con una sopravvivenza a 5 anni intorno al 20%. Nei pazienti sottoposti a chirurgia con intento curativo, la chemioterapia migliora la sopravvivenza globale rispetto alla sola chirurgia. L’efficacia della radioterapia e chemioterapia post-operatoria appare limitata ai pazienti con chirurgia non radicale. Nella malattia metastatica il farmaco di riferimento rimane la gemcitabina. Di recente in uno studio di fase III della FFCD15 il regime di combinazione a tre farmaci con 5-fluorouracile/acido folinico, oxaliplatino e irinotecan (FOLFIRINOX) ha dimostrato un vantaggio statisticamente significativo rispetto alla gemcitabina, e questo regime può diventare un’opzione anche per il trattamento preoperatorio in pazienti con buon performance status. I nuovi farmaci biologici come ad esempio l’erlotinib in combinazione con la gemcitabina hanno prodotto un vantaggio statisticamente significativo nella sopravvivenza globale, anche clinicamente irrilevante rispetto alla sola gemcitabina.
Il tumore del pancreas rappresenterà in futuro un modello per la ricerca di nuovi farmaci e di nuove strategie terapeutiche tese a migliorare la storia di questa malattia che ad oggi presenta ancora troppi lati oscuri.