Meridiano Sanità rappresenta un modello di dialogo e confronto tra i maggiori attori della Sanità in Italia. Creata nel 2005 dal gruppo The European House - Ambrosetti, coinvolge un centinaio tra i principali operatori e opinion leader della sanità (Associazioni di pazienti e cittadini, personale medico e infermieristico, società scientifiche, giornalisti ed esperti di etica dell’informazione, ASL e Regioni, aziende farmaceutiche e sistema distributivo) i quali nell’insieme, rappresentano circa dieci milioni di cittadini, utenti e operatori della Sanità.
Durante la sesta edizione dell'annuale Forum Meridiano Sanità è stato presentato il Rapporto 2011 che si è focalizzato su temi di grande attualità quali il "reengineering" della Sanità in Italia, il ruolo dell’industria farmaceutica quale motore di crescita economica ed elemento di competitività per il nostro Paese, il federalismo fiscale, le scelte di politica sanitaria e industriale delle Regioni.
Il dato più importante riguarda la previsione di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, la cifra fa tremare i polsi: 281,5 miliardi. Tanto servirà per finanziare le cure sotto la stella del Ssn nel lontano (poi non così tanto) anno 2050. Una bella cifra che varrà, a conti fatti, il 9,7% del Pil, contro il 7,3% della ricchezza nazionale che oggi serve per finanziare la Sanità pubblica. Insomma la crescita reale di risorse sarà del 2,4% sul Pil: un bell’aumento ma senza raggiungere le cifre iperboliche temute da qualcuno. Le previsioni da qui al 2050 sono contenute nello studio appena presentato a Cernobbio che analizza il fronte spesa su più fronti. A cominciare dal federalismo fiscale che in questa lunga marcia verso il futuro giocherà quasi da subito una partita importante con i suoi costi standard che serviranno a dividere le risorse tra le Regioni dal 2013 e sui quali lo studio avanza dubbi e perplessità. Soprattutto sulle modalità con le quali devono essere “pesati”: «L’attuazione del federalismo, che pure rimane necessaria e opportuna alla luce dei fallimenti delle politiche sin qui seguite - avverte l’indagine - tanto sul piano della responsabilizzazione, quanto della riduzione delle disuguaglianze, necessita di alcuni ripensamenti». Soprattutto bisogna evitare «che gli impatti equitativi rimangano soffocati dall’attenzione giusta, ma non esclusiva, all’efficienza».
Quanto costerà il Servizio Sanitario Nazionale nel 2050. Secondo lo studio la crescita non sarà omogenea negli anni e si concentrerà nei primi decenni: l’invecchiamento della popolazione si manifesta con maggiore intensità tra il 2010 e il 2040, periodo durante il quale la quota di over 65 passerà dal 21,7% al 31,3 per cento. Per arrivare comunque alla cifra di 288 miliardi il rapporto ipotizza che la spesa sanitaria pubblica cresca allo stesso tasso medio annuo a cui cresce il Pil reale. In base a questo scenario, nel 2050 la spesa supererà i 211 miliardi di euro (+97 miliardi rispetto al 2010) L’impatto dalla componente demografica, nel complesso, determinerà un incremento della spesa di oltre 53 miliardi (l’1,7% del Pil), dovuto in parte (4,7 miliardi) all’aumento della popolazione residente in Italia e quindi del numero di persone potenzialmente assistite dal Servizio Sanitario Nazionale.
Ma soprattutto dall’aumento della popolazione over 65 che crescerà un tasso medio annuo dell’1,3% senza un controbilanciamento nelle altre fasce della popolazione e soprattutto nei tassi di natalità. Anzi sarà vero il contrario: il numero di italiani di età tra 0 e 64 anni diminuirà a un tasso dello 0,4% annuo, passando da 48 milioni nel 2010 a 41 milioni nel 2050. Mentre gli over 65 sul totale della popolazione passeranno dal 20,3% del 2010 al 33% nel 2050 con una spesa in più di 48,7 miliardi. Non è tutto. L’indagine prende anche in considerazione l’«elasticità » della spesa sanitaria rispetto alle variazioni del reddito disponibile. Un dato, questo che comporta una crescita ulteriore della spesa sanitaria pubblica al 2050 di circa 16,8 miliardi. Sommando tutte le voci la spesa cresce a un tasso medio annuo del 2,3% tra il 2010 e il 2050, fino a raggiungere il 9,7% del Pil. «Finanziamento, perequazione e riparto sono cerniere cruciali fra istanze di efficienza e di equità. Quindi, in primo luogo è opportuno restituire il dibattito sul finanziamento alla sua giusta complessità, evitando che gli impatti equitativi rimangano soffocati dall’attenzione giusta, ma non esclusiva, all’efficienza»: questo l’appello che arriva sul federalismo fiscale e il suo corollario dei costi standard.
Che, come noto, saranno calcolati sulla base delle performance di tre Regioni “benchmark” scelte su una rosa di cinque individuate in base alla loro capacità di assicurare i Lea insieme all’equilibrio dei bilanci. Di simulazioni finora ne sono state fatte molte e anche «Meridiano sanità» ne cita una (curata da Federico Spandonaro) che prevede risparmi per 11,5 miliardi.
Ma con una avvertenza: i pesi per i costi standard devono essere sottratti alla «negoziazione politica, riportandoli su un piano di oggettività scientifica». Per questo è sbagliato ancorarsi - come fa il Dlgs sui costi standard - solo al criterio dell’età: «Le evidenze che dimostrano un impatto dei fattori socio-economici sui bisogni sono indiscutibili. Ma probabilmente questo non è né l’unico, né tanto meno il principale (quantitativamente) fattore negletto», avverte «Meridiano Sanità». Da qui la necessità «improcrastinabile » di un approfondimento su basi scientifiche delle «determinanti della spesa sanitaria, del loro ordine di importanza e di correlazione per dare credibilità al metodo».