Il terzo settore rappresenta da sempre in Italia un punto di forza nel garante la qualità nel servizio di assistenza sanitaria. Negli anni sono cresciuti vari modelli. Questa realtà è in costante dinamismo e ha saputo adattarsi magnificamente alle mutate realtà e necessità del panorama italiano. In oncologia le mutate conoscenze in campo chirurgico e medico hanno permesso il miglioramento delle terapie, se questo dato non ha ancora trovato un evidente risultato nella riduzione dell'incidenza è altresì vero che soprattutto in Italia, si è assistito ad una progressiva riduzione della mortalità con conseguente aumento della sopravvivenza. Il tumore alla pari di altre malattie sta diventando sempre più una realtà cronica.
Una delle recenti forme di assistenza ai pazienti soprattutto in questo campo è rappresentato dal Caregiving che nasce dalla sintesi di esperienze dirette nella progettazione ed erogazione di modelli di assistenza domiciliare in ambito sia di ricerca che di pratica clinica Questa esperienza si realizza in team e comprende competenze mediche, infermieristiche, tecnologiche e gestionali che ne rendono unico e distintivo l’approccio. Un progetto di Caregiving dispone di una rete di risorse mediche e infermieristiche operative su tutto il territorio nazionale a supporto dei servizi di assistenza erogati. Negli anni sono nate diverse organizzazioni esclusivamente dedicate al progetto: Caregiving o al settore di applicazione: AIMAC.
È stata avviata in Campania da circa un anno una delle prime esperienze italiane di caregiving per pazienti con tumore al seno, grazie a un’idea dell’Alts (Associazione per la lotta ai tumori del seno) finanziata da fondazioni bancarie e volontariato. L’iniziativa pilota “Il cerchio dell’ascolto” ha coinvolto pazienti e familiari, in prevalenza napoletani, medici della Divisione senologica dell’Istituto tumori di Napoli “Fondazione G. Pascale”, e medici della Divisione di Oncologica medica dell’Ao Cardarelli. Un’esperienza che, di fatto, ha sostituito il servizio pubblico in un’attività assistenziale altrimenti assente.
Solo di recente la Regione ha pubblicato un bando per progetti che promuovono il caregiving, senza fare riferimento a una specifica patologia. Almeno questo fa ben sperare i promotori, perché potrebbe servire a estendere e ampliare il progetto pilota che nei prossimi mesi continuerà sotto forma di puro volontariato, solo per gli 80 tra pazienti e caregiver che hanno aderito e lavorato con psicologi e oncologi. Il progetto, ideato dall’Alts con le associazioni “Insieme per la vita” e Andos, è costato circa 50mila euro ed è nato con l’obiettivo di contattare, informare e fornire consulenze integrate oncologo-psicologo per affrontare la malattia. Da questa attività sono state interessate 396 persone. Altro scopo è creare un gruppo di supporto psico-educativo e sostegno psicologico per le famiglie di donne malate. Ed è esattamente ciò che resta in piedi: un team capace di interagire, fornendo assistenza a familiari e pazienti in modo da riuscire a tirar fuori richieste di aiuto che pazienti e caregiver hanno quasi sempre difficoltà ad esprimere. In questa seconda fase del progetto sono state coinvolte 80 persone divise in due gruppi di pazienti: quelli di prima diagnosi e quelli con recidiva. Intanto si guarda al futuro.
Massimiliano D’Aiuto, uno dei responsabili del progetto, spiega che «se si riuscirà a ottenere i finanziamenti messi a bando dalla Regione si potrà coinvolgere molte più persone e soprattutto si potrà indirizzare le attività sia verso il caregiving formale che verso quello informale con percorsi di formazione specifici». Il punto di riferimento continuerà a essere l’Alts e, nel caso di accordi, le strutture sanitarie.