Varata la Costituzione repubblicana, il processo di introduzione della divisione del territorio in Regioni continua tra il consenso dei maggiori partiti e la sola ostilità di liberali e missini. Nel definire i limiti dell'attività delle Regioni e i "controlli" cui dovevano essere sottoposte, si passò da una connotazione meramente amministrativa a una più ampia capacità legislativa. Con l'elezione dei Consigli Regionali del 1970 le Regioni entrano definitivamente nelle storia istituzionale italiana. Le Regioni si trovavano così ad esercitare la competenza legislativa in tre distinti ambiti: scuola polizia e sanità. Per quanto di competenza sanitaria, le regioni esercitano le funzioni legislative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato ed esercitano le funzioni amministrative proprie o loro delegate (legge 883/1978).
In questo modo le regioni si trovano improvvisamente gravate di un nuovo compito che prima era di competenza dello Stato acquisiscono a pieno titolo anhe competenze di ambito comunale e provinciale senza peraltro un'adeguata formazione. Tutto questo si è trascinato negli anni con evidenti aumenti dei costi sanitari. La scelta della riforma federalista nasce quindi da un esigenza sociale pratica; gli Italiani secondo un'indagine condotta dal Censis relativa all'anno 2002, si dicevano favorevole all'attribuzione alle Regioni della responsabilità totale in materia di sanità, in quanto convinta degli effetti positivi che se ne potranno ottenere: 56,3%. La restante parte riteneva per contro che gli effetti di tale decentramento avrebbero avuto conseguenze negative: un maggior costo da parte dei cittadini di alcune Regioni soprattutto al Sud, storicamente vincolate ad un regime di sussidiarietà.
L’articolo 117 attribuiva inizialmente alle Stato competenza esclusiva in materia di organizzazione sanitaria nel rispetto dell’articolo 32 della Costituzione, mentre alle Regioni restava il compito di “emanare .. norme legislative.. in materia di assistenza sanitaria e ospedaliera….”.
Nel 2002 la riforma “La Loggia" del Titolo V della Costituzione introduce il concetto di legislazione ripartita. Lo Stato e le Regioni, cioè, per le materie che non possono essere assegnate in modo totale e assoluto alla competenza esclusiva dell’uno o delle altre, potranno legiferare sempre in modo esclusivo, ma ciascuno per un preciso ambito. Lo Stato legifererà, sempre in modo esclusivo, in materia di tutela della salute (che nell’attuale è tra gli ambiti a legislazione concorrente), ma ogni Regione potrà organizzare il servizio sanitario come meglio crede. La riforma, tuttavia, forse per la sua affrettata e non condivisa
approvazione in fine Legislatura, che ha impedito una valutazione
approfondita. La principale carenze è stata individuata nella persistenza di una vasta area di competenze legislative concorrenti, fonte di molteplici conflitti demandati alla decisione della Corte costituzionale, con una conseguente
crescita esponenziale del contenzioso costituzionale.
Da ultimo il presentarsi sul panorama nazionale della crisi mondiale, che ha più riprese ha minato i capisaldi del mercato economico finanziaro costringendo a ripensare a nuove logiche, ha reso molto meno certo il principio di fattibilità proprio della riforma saitaria fin qui attuata.
Il federalismo secondo Cei e laicato cattolico nelle attuali condizioni politico-istituzionali, non garantirebbe il principio di sussidiarietà. questo comporterebbe dosi massicce di uniformità anche per i territori fiscalmente autosufficienti, rimettendo in moto un meccanismo centralistico che non farebbe crescere poteri e responsabilità, rendendo un servizio incerto al principio di solidarietà e dimenticando i pregi sistemici del principio di sussidiarietà. la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni su tutto il territorio nazionale verrebbero ipotecati. La strade appare quindi ancora molto lunga e solo le scelte politiche dei prossimi anni ci potranno dire se questa idea del federalismo sanitario avrà ragione di esistere.