Accanto alle notizie degli ultimi mesi del costo della fuga dei cervelli, bisogna però registrare un dato inprtante e molto lusinghiero che come spesso accade, fa poca notizia. L’Italia produce il 6% circa delle pubblicazioni mondiali nelle scienze della vita, soprattutto sul fronte medico, ponendosi al quarto posto dopo Stati Uniti, Regno Unito e Germania. Il nostro Paese, tuttavia, scende al quinto posto, superato dalla Francia, se si considera il dato riferito ai brevetti europei e gli inventori localizzati in Italia, i quali producono il 3% circa dei brevetti europei nelle scienze della vita. Se poi si considerano i brevetti depositati negli Stati Uniti, in questo caso la quota italiana
scende al 2% contro il 5% della Francia. Il dato è contenuto nel rapporto “Il valore economico delle scienze della vita”, il primo studio econometrico italiano effettuato da un gruppo di ricerca dell’ Imt Alti Studi di Lucca, diretto da Fabio Pammolli, presentato nell’ambito del meeting internazionale “Bioeconomy Rome” svoltosi a Roma. L’evento, organizzato dal Consorzio Cnccs (Collezione nazionale dei composti chimici e centro screening), costituito dal Cnr, dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’Irbm Science Park, è servito a lanciare a livello nazionale e comunitario il progetto della “Collezione nazionale dei composti e del centro di screening”, una banca dati dei composti chimici, ha raccolto a Roma gli Stati generali della ricerca biologico-molecolare e ha rappresentato l’occasione per far incontrare pubblico e privato per favorire la traslazione dei risultati della ricerca di base nella messa a punto di prodotti, meccanismo ancora troppo carente nel nostro Paese, puntando su un settore come quello delle malattie rare e neglette, in parte trascurato dalla grande industria.