Lo stress da chemioterapia nel paziente oncologico in trattamento riconosce almeno tre cause: la malattia stessa, come causa di stress metabolico interno; la chemioterapia o la radioterapia, come stress chimico-metabolico o fisico di origine esterna; lo stress psicologico secondario, da coscienza di malattia.
Questi fenomeni sono noti da tempo. Quello che non si sapeva era la risposta delle cellule allo stress nei confronti delle cellule tumorali, obiettivo proprio dello stress. l'osservazione secondo cui la risposta dei pazienti oncologici che rispondono molto positivamente alla chemioterapia, non sia necessariamente nelle cellule cancerose stesse ha portato a sviluppare un nuovo filone di ricerca. Studi condotti sui topi dimostrano che in risposta allo stress della chemioterapia alcune cellule sane tendono a proteggere le loro vicine malate: cancerose, permettendo loro di resistere in selezionati “siti rifugio”.
In risposta allo stress che comporta la chemioterapia in un organismo, le cellule sane sono portate a proteggere quelle tumorali dalla distruzione, permettendogli di rifugiarsì nel timo, un organo posto nell'addome. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori del Massachusetts Institute of Technology che ha descritto il meccanismo in un articolo pubblicato sulla rivista Cell. Questo prassi di tutela delle cellule malate potrebbe spiegare il motivo alla base della resistenza alla chemioterapia in alcuni pazienti e la comparsa di tumori secondari, derivante dal fatto che non tutte le cellule neoplastiche sono state distrutte dalla chemioterapia ma alcune hanno avuto la possibilità di restare nell'organismo per sviluppare un secondo tumore. "È un risultato sorprendente - ha detto Michael Hemann ricercatore del MIT - frutto del fenomeno dell'omeostasi", per il quale un organo, per autoconservarsi, attraverso meccanismi autoregolatori deve rispondere alle condizioni di stress, rappresentate, in questo caso, dalla chemioterapia. Secondo i ricercatori, un fattore chiave per questo processo è la molecola IL-6, che rappresenta il segnale di stress e aiuta le cellule cancerose a rifugiarsì nel timo, al punto che in alcuni esperimenti su topi, gli studiosi hanno dimostrato che rimuovendo quest'organo si prolungava in modo significativo la sopravvivenza libera dal tumore. I ricercatori americani hanno dimostrato poi come le cellule cancerose rilascino la molecola IL-6 quando sono trattate con l'agente chemioterapico doxorubicina. Quando, invece, la chemioterapia viene combinata con un trattamento in grado di bloccare la segnalazione dell'IL-6, le cellule cancerose hanno mostrato una maggiore probabilità di morire.