Un recente studio italiano, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ha dimostrato per la prima volta, come la composizione del microbiota intestinale nei pazienti affetti da tumore colorettali, sia regolata geneticamente. Come spiega Tommaso Dragani, Direttore di Epidemiologia Genetica e Farmacogenomica all’Istituto Nazionale Tumori di Milano e ideatore del lavoro, è noto da tempo il ruolo attivo del microbiota nello sviluppo del tumore colorettali, una delle più comuni neoplasie di natura maligna che insorge nell’intestino. Nessuno, tuttavia, fino ad oggi aveva mai dimostrato l’associazione tra le popolazioni batteriche del nostro intestino e le varianti del patrimonio genetico dei pazienti affetti da tumori colorettali.
Il tumore colorettale - spiega Alberto Vannelli, direttore della Chirurgia Generale dell’ospedale Valduce e tra gli autori dello studio - è la seconda causa di morti al mondo per tumore. Tra il 5 e il 10 % dei casi, la causa è di tipo ereditario, ma la stragrande maggioranza è considerata sporadica e numerosi studi hanno indicato che sia il risultato di una complessa interazione tra varianti genetiche e fattori ambientali. Grazie alle campagne di screening e ai corretti stili di vita si è assistito ad una progressiva riduzione di nuovi casi, eppure in occidente aumentano le forme a esordio precoce (inferiore ai 50 anni), che non possono essere completamente attribuite a malattie ereditarie o malattie infiammatorie intestinali. Perfino nei paesi in via di sviluppo, ove sono più evidenti le modifiche nello stile di vita e nei fattori ambientali, l’incidenza di questo tumore è in aumento. Tra i fattori ambientali, il microbiota intestinale è considerato importante per molti tumori, incluso proprio quello colo-rettale. Interagendo strettamente con le cellule dell'ospite, la nostra flora batterica può influenzare la formazione di un tumore, attraverso una varietà di meccanismi. Tuttavia, anche il nostro patrimonio genetico influenza il microbiota.
L’intuizione è stata quella di dimostrare che, a regolare la composizione del microbiota, siano le nostre varianti germinali. Le varianti germinali sono trasformazioni comunemente presenti nel DNA di tutti gli individui e sono associate alla modulazione di una serie di fenotipi comuni, come ad esempio il colore degli occhi e dei capelli, l'altezza, ecc. Diversi studi hanno dimostrato che alcune di queste varianti genetiche sono associate al rischio e alla prognosi del tumore colorettale.
In questo studio, è stato esaminato il tessuto di 93 pazienti operati per tumore del colon-retto e indagate le varianti germinali associate alla flora batterica, proprio nella mucosa colo-rettale normale (non coinvolta dal tumore). Grazie ad un modello statistico, sono state confermate numerose varianti germinali associate a specifici batteri. Queste varianti sono risultate strettamente connesse con l'espressione di geni coinvolti in alcuni processi della vita di una cellula, quali: risposte infiammatorie, adesione e integrità della barriera cellulare, apoptosi (la cosiddetta morte programmata di una cellula, presente a un certo punto del suo ciclo vitale). Geni del paziente e batteri ospitati sono quindi coinvolti negli stessi processi. Sia la composizione del microbiota che l'infiammazione locale sono regolate, almeno in parte, dalle stesse varianti germinali e possono regolare il microambiente in cui i batteri crescono e predisporre lo sviluppo di un tumore. La sopravvivenza dei tumori colorettali è legata allo stadio della malattia e varia da circa il 95% a 5 anni se la malattia è iniziale, al 10% nei casi metastatici. Una scoperta rivoluzionaria che apre la strada a scenari fino ad ora insperati: basti pensare alle campagne di screening che potrebbero essere costruite solo per gli individui a più alto rischio con un evidente risparmio di risorse da destinare ad altri settori, oppure la possibilità di proporre trattamenti preventivi su misura per aumentare quella parte di flora batterica capace di proteggerci dal rischio di un tumore.
Link alla rivista: https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC9259655/