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Nonni, il pilastro invisibile dell'oncologia italiana

Secondo le stime italiane sono 12 milioni i cittadini che vestono la divisa da nonno. I dati pubblicati dalla Società italiana di gerontologia e geriatria, raccontano di quasi 4 milioni di persone anziane non autosufficienti, con un costo economico di cura che si aggira sugli 8 miliardi di euro l’anno. Eppure il significato della festa dei nonni che ricorre oggi è quello di celebrare l’importanza del loro ruolo all’interno delle famiglie e della società in generale: può sembrare un paradosso ma in una società in continua evoluzione che vede nell’organizzazione sociale della famiglia un cambio della genitorialità con nuovi schemi familiari, il ruolo dei nonni resta un caposaldo del modello di assistenza.

Un’assistenza che si declina in diverse forme, come ad esempio quella in campo oncologico. Il rapporto “I numeri del cancro 2023”, stima almeno 395.000 nuove diagnosi di tumore in Italia, circa 208.000 fra gli uomini (quasi 3.000 diagnosi in più del 2022) e almeno 187.000 fra le donne (oltre 1.000 in più rispetto al 2022). Se fino a pochi anni fa il tumore era considerato una malattia cronica e quindi età dipendente, due recenti studi, hanno dimostrato un aumento nelle fasce sotto i 55 anni, probabilmente a causa dell’invecchiamento precoce a livello biologico e molecolare legato a stili di vita non corretti: generazione X (nati tra il 1965 e il 1980) e millennials (nati tra la metà degli anni '80 e primi anni del 2000) hanno un rischio maggiore di ammalarsi per 17 tipi di tumore, rispetto alle generazioni precedenti.

Questo apre a scenari impensabili, fino a ora.

In oncologia, uno dei pilastri dell’assistenza al cittadino affetto da tumore è rappresentato dal caregiver familiare, mutuato dal mondo anglosassone, è il prestatore di cure, si riferisce a un familiare che assiste i propri cari in difficoltà, in conseguenza del percorso oncologico. Il loro contributo, si perde nelle ampie maglie della legislazione italiana: spesso infatti i caregiver rappresentano una rete di assistenza silenziosa o addirittura invisibile. Il Long-Term Care Report del 2021 stimava che in Italia i caregiver familiari fossero il 5,8% della popolazione. Secondo l’11° rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, istituto dalla FAVO (federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia), il valore globale dei costi diretti a carico dei pazienti e delle loro famiglie può essere stimato in 5,3 miliardi di euro, mentre ammontava a 4,8 miliardi di euro nel precedente studio del 2012; nonostante siano trascorsi oltre dieci anni, questo studio, condotto su 1.055 pazienti e 713 caregiver, aveva calcolato che il costo sociale fosse pari a 36,4 miliardi di euro annui, di cui oltre 5,8 miliardi di spese dirette e oltre 30 miliardi di costi indiretti. Di questi ultimi, il 34% (più di 12 miliardi), erano il valore monetario delle attività di sorveglianza e assistenza direttamente erogate dal caregiver. Più recentemente, leggendo il 13° Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, scopriamo che nel 16% dei casi il caregiver familiare è rappresentato da un pensionato.

La figura del nonno quale baluardo dell’assistenza sembra quindi esistere da tempo. Secondo i dati elaborati dal Centro Studi di Senior Italia Feder Anziani di qualche anno fa, le donne sono il 71% dei caregiver familiari e non deve quindi stupire se il 92,8 delle nonne aiuta le famiglie dei figli, con 3 su 4 che accudiscono i nipoti.

In Italia il crollo della natalità è irrefrenabile: secondo le proiezioni demografiche pubblicate da Eurostat nell’aprile scorso (Europop 2023), la popolazione nel 2100 si ridurrà circa del 15 per cento rispetto a oggi. La domanda di cure per persone parzialmente o totalmente non autosufficienti continua invece a crescere e le politiche sanitarie a supporto si dimostrano in alcuni casi inefficaci; parliamo del cosiddetto “debito demografico” nei confronti delle generazioni future, soprattutto in termini di previdenza, spesa sanitaria e assistenza.

Se confrontata con i principali Paesi nell’Unione europea (UE), l’Italia si colloca al primo posto per l’indice di dipendenza senile (numero di anziani sul totale della popolazione attiva); nell’UE ci sono 3 persone in età lavorativa per ogni over 65, rapporto che scende a 2,6 in Italia e secondo le previsioni Eurostat crollerà a 1,5 nel 2100; una ricerca condotta da Ipsos per conto della Fondazione Korian, ha dimostrato che i nonni italiani sono però i più attivi: il 44% è indipendente mentre la media UE non raggiunge il 30% e ben il 55% riesce a mettere da parte soldi per i propri familiari, sia che i figli vivano lontani e i nipoti siano ormai grandi. Da qui il paradosso dei nonni che finendo per sobbarcarsi il compito gravoso del caregiver, diventeranno loro malgrado il vero welfare sostitutivo.

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