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Il CA 19-9 o GICA, è un biomarcatore e nei tumori pancreatici è associato ove alto, ad esiti peggiori.

Secondo Mark Truty della Mayo Clinic di Rochester, autore di un’indagine condotta su più di 70.000 pazienti, i migliori vantaggi di questa strategia sono per i pazienti con tumori allo stadio I e con elevati livelli di CA 19-9, nei quali la sopravvivenza risulta raddoppiata se si procede per prima cosa con la chemioterapia e poi con la chirurgia, esattamente il contrario di quanto viene fatto oggi.

All’atto della diagnosi, circa il 50% dei pazienti con tumore pancreatico presenta metastasi e viene trattato con chemioterapia, il 20% circa dei pazienti senza segni di metastasi è candidato alla chirurgia, che è potenzialmente curativa.

Normalmente si effettua l’intervento nei pazienti con malattia iniziale e poi si fa seguire ove necessario la chemioterapia, ma una significativa percentuale di pazienti sviluppa comunque metastasi subito dopo l’intervento, e va incontro a riduzione della sopravvivenza.

D'altro canto è noto che i pazienti con elevati livelli di CA 19-9 all’atto della diagnosi hanno di solito una prognosi peggiore rispetto a quelli con livelli normali.

Queste due informazioni sono note da tempo ma la novità è stata metterle in relazione alla prognosi: nei tumori resecabili, spesso si teme che possano comparire metastasi nell’intervallo fra la diagnosi e la chirurgia, ma secondo gli esperti, in presenza di potenziale metastatico, le metastasi compaiono molto prima della diagnosi.

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