ORGANOIDI Una nuova strategia che sfrutta colture in vitro di tessuti dei pazienti per personalizzare le terapie
È di qualche giorno fa la notizia di una nuova ricerca, condotta in laboratorio, all'IRCCS di Candiolo su un gruppo di farmaci, che bloccano l’enzima PARP (la proteina che ripara il DNA delle cellule tumorali), già approvati per i carcinomi dell’ovaio e per la prima volta studiati e utilizzati nei tumore del colon-retto. Ho avuto la fortuna di conoscere uno degli autori dello studio: la Dott.ssa Federica Di Nicolantonio a San Pietroburgo, al forum internazionale di oncologia “White Nights 2019” e ho lavorato per oltre 10 anni all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, avendo modo di far parte di alcune delle più importanti ricerche per la creazione di nuovi marcatori tumorali. Abbiamo ricordato molte volte dell’impatto dei tumori del colon retto sulla società: secondo dopo quello della mammella nella donna e terzo dopo quello del polmone e della prostata nell'uomo. In Italia, secondo i dati pubblicati dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica, nel 2019 si sono ammalati quasi 50.000 cittadini (27.000 negli uomini e 22.000 nelle donne). Dobbiamo però riconoscere che rispetto a molti altri tumori solidi, la prognosi è complessivamente favorevole. La mortalità che solo nel 2016 ha interessato quasi 20.000 italiani, fortunatamente mostra una costante tendenza alla riduzione grazie alla diffusione dei programmi di screening e le nuove strategie di cure. A distanza di anni la prevenzione, resta l’elemento fondamentale per fare la differenza rispetto ad altri tipi di neoplasie. Ma le forme avanzate hanno bisogno di qualcosa di più.
Per arrivare a questa scoperta i ricercatori di Candiolo hanno utilizzato una nuova strategia che sfrutta colture in vitro di tessuti dei pazienti: i cosiddetti organoidi. Questo consente di testare rapidamente nuovi farmaci e di personalizzare le terapie. La squadra che ha lavorato insieme all’università di Torino, è tornata al lavoro per analizzare altri farmaci innovativi in grado di inibire le proteine coinvolte nella riparazione del danno al DNA e nel controllo del ciclo cellulare. Il prossimo passo sarà trasferire le osservazioni fatte in laboratorio in un trial clinico.